Contratto di agenzia e rapporto di lavoro subordinato
Contratto di agenzia: definizione
Il contratto di agenzia, disciplinato dagli articoli 1742 e seguenti del codice civile, è quel contratto con il quale una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.
Elemento caratterizzante del rapporto di agenzia è pertanto l’assunzione in modo stabile e continuativo da parte dell’agente, dell’incarico di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una sfera territoriale determinata.
Come si è espressa la giurisprudenza sul tema di agenzia
Secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale il rapporto di agenzia si sostanzia nella realizzazione da parte dell’agente di un’attività economica organizzata, diretta al raggiungimento di determinati obiettivi, che questi svolge autonomamente nell’interesse, per conto, ma non necessariamente in nome del preponente – il quale ha il potere di impartire all’agente delle istruzioni generali di massima – e il cui rischio, sia economico che giuridico, ricade esclusivamente sullo stesso.
Le prestazioni dell’agente, seppur tutte dirette alla promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, possono concretizzarsi in atti di vario contenuto: questi infatti può avere il compito di fare propaganda, di ricevere e trasmettere le proposte al preponente per la successiva accettazione, di ricercare clienti e financo di predisporre i contratti.
D’altro canto si ritiene che non sia necessario, ai fini della configurazione del rapporto di agenzia, che l’agente abbia la possibilità di fissare i prezzi, di accordare sconti e comunque di modulare le condizioni del servizio alle peculiari esigenze del cliente, ben potendo prevalere la mera attività di propaganda (ex multis Cass. n. 6842/2004).
Nemmeno rilevano le particolari modalità di acquisizione della clientela da parte dell’agente stesso, potendo questi provvedere a contattare i potenziali clienti con le più svariate modalità. Quali la ricerca attiva attraverso visite personali, a mezzo delle reti telefoniche o telematiche ed eventualmente anche mediante la gestione di un punto vendita delle merci del preponente. La giurisprudenza infatti afferma chiaramente che anche in quest’ultimo caso può essere diffusa la conoscenza del produttore e dei suoi prodotti, contribuendo così ad incrementare il relativo commercio (cfr. Cass. n. 11794/2003).
Contratto d’agenzia: caratteristiche
Risulta pertanto evidente come il rapporto di agenzia abbia per oggetto lo svolgimento a favore del preponente di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale (caratterizzata dunque dall’esistenza in capo all’agente di un’organizzazione imprenditoriale, anche a livello embrionale, nonché dall’assunzione totalmente a suo carico del rischio economico e giuridico connesso) che si manifesta nell’autonomia di scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute dal preponente.
L’art. 1746 c.c. prescrive, infatti, che “nell’esecuzione dell’incarico l’agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. (…) deve adempiere l’incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari”.
I doveri dell’agente nel contratto di agenzia
Pertanto secondo quanto qui previsto da un lato è richiesto all’agente di agire con lealtà e buona fede nell’esecuzione dell’incarico (lealtà che non viene a mancare nel caso in cui l’agente ricerchi soluzioni professionali alternative che di fatto possono venire in contrasto con gli interessi al preponente – es.: acquisizione di contratto di agenzia da parte di un’impresa in concorrenza con l’originario preponente), dall’altro è consentito al preponente emanare direttive, istruzioni operative di ordine generale e richiedere all’agente di collaborare e coordinare la sua attività con lo stesso.
Lavoro subordinato: definizione
L’ art. 2094 del codice civile, invece, definisce il prestatore di lavoro subordinato come colui che “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
La subordinazione consiste, pertanto, in un particolare modo d’essere della prestazione lavorativa. Sul tema, si sono espresse sia dottrina che giurisprudenza.
Come si è espressa la dottrina in materia di lavoro subordinato
Secondo la dottrina prevalente, al fine di definire la subordinazione, si dovrebbe ricorrere ad una nozione cd. tecnico funzionale secondo cui la subordinazione consisterebbe nella dipendenza del prestatore di lavoro dalla direzione del datore di lavoro nell’esecuzione dell’attività lavorativa nell’impresa.
A questa teoria si contrappone quella sostenuta da una parte minoritaria della dottrina la quale ha elaborato una nozione cd. socio – economica per cui il dato caratterizzante della subordinazione è l’inferiorità del lavoratore nei confronti dell’imprenditore.
Come si è espressa la giurisprudenza in materia di lavoro subordinato
La giurisprudenza, secondo un ormai consolidato orientamento, sostiene invece, che il requisito tipico della subordinazione – intesa come prestazione dell’attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore – sia la soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
Quest’ultimo potere peraltro deve manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa svolta dal dipendente (non sono sufficienti direttive di carattere generale), così come il potere organizzativo deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e non in un semplice coordinamento della sua attività.
Tribunale di Milano – Sez- Lav. sentenza del 30.12.2015
Elemento caratteristico della prestazione lavorativa resa in regime subordinazione è il potere di controllo e disciplinare che viene esercitato dal datore di lavoro nei confronti del dipendente e che si concretizza nell’emanazione di ordini specifici e nell’esercizio di una costante attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione della prestazione lavorativa (cd. eterodirezione).
Sul tema si è recentemente pronunciata anche la Corte Costituzionale secondo la quale il potere direttivo del datore di lavoro, nel caso di rapporto di lavoro subordinato, “si sostanzia nell’emanazione di ordini specifici, inerenti alla particolare attività svolta (…), in una direzione assidua e cogente, in una vigilanza e in un controllo costanti, in un’ingerenza, idonea a svilire l’autonomia del lavoratore” (cfr. Corte Cost. n. 76/2015).
Differenze tra rapporto di agenzia e lavoro subordinato
Alla luce di tutto quanto sin qui esposto si può affermare, che “l’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore del preponente de una attività economica esercitata con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che è legato da un semplice rapporto di collaborazione con il preponente, al quale deve fornire le informazioni utili al fine di valutare la convenienza degli affari, mentre oggetto del secondo è la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta” (Cass. 12 maggio 2004 n. 9060).
In tal senso si è successivamente pronunciato anche il Tribunale di Milano il quale ha ribadito che la subordinazione si sostanzia nell’eterodirezione e cioè “nel potere direttivo, di controllo, disciplinare esercitato dal datore di lavoro nei confronti del dipendente” (Trib. Milano, Sent. n. 446/2007).