Il contratto di agenzia e l’art.32 della L. 4 novembre 2010, n. 183
L’art. 32, co. 3 lett. b), della L. 4 novembre 2010, n. 183 sancisce l’applicabilità dei termini dettati in tema di impugnazione di licenziamento “al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’art. 409, numero 3), del codice di procedura civile”, disposizione questa che ha generato numerosi dubbi interpretativi sull’applicabilità o meno della stessa anche al contratto di agenzia. Sul punto, infatti, ancora oggi, sia la dottrina sia la giurisprudenza si rivelano divise e, a distanza di quasi undici anni dall’entrata in vigore della succitata legge, la Suprema Corte non è stata ancora investita della questione. A tal proposito, pertanto, appare interessante esaminare come, nel corso del 2020, due distinte Corti d’Appello, più precisamente la Corte d’Appello di Napoli e la Corte d’Appello di Venezia, si siano pronunciate sul punto valorizzando in modo opposto gli stessi elementi.
La Corte d’Appello di Napoli, infatti, con la sentenza 14 gennaio 2020, n. 10, ha confermato la pronuncia del Giudice di prime cure mediante la quale il Tribunale di Napoli dichiarava l’improcedibilità, per intervenuta decadenza ex art. 32 della L. n. 183/2010, della domanda volta ad ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c., previo accertamento dell’inesistenza della giusta causa del rapporto di agenzia intercorso con la mandante. Secondo la Corte d’Appello partenopea, infatti, “la dizione letterale della norma in esame, che si riferisce in via generale a tutti i rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa, di cui all’art. 409, numero 3) c.p.c., non può dare adito a dubbi sulla riferibilità anche al rapporto di agenzia” posto che l’art. 409, n. 3. c.p.c. è richiamato senza alcuna esclusione. Secondo il Collegio, poi, neppure l’utilizzo del termine committente consentirebbe di escludere il recesso del preponente o della casa mandante trattandosi di un termine utilizzato genericamente per indicare tutti i rapporti parasubordinati. Nessun rilievo, infine, avrebbe l’ulteriore censura sollevata da parte appellante secondo la quale l’estensione dell’art. 32 della richiamata legge sarebbe in conflitto con la specifica previsione dell’art. 1751, co. 5, c.c. che contempla, a pena di decadenza il termine di un anno per comunicare al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti.
La Corte d’Appello di Venezia, invece, con la pronuncia 18 dicembre 2020, n. 465 (Presidente Dott. Perina, Consigliere Relatore Dott.ssa Multari) si esprime in senso opposto segnando un ulteriore punto a favore della non applicabilità dell’art. 32, co. 3, lett. b), L. n. 183/2010 ai rapporti di agenzia (in senso conforme T. di Torino, 30 dicembre 2015, n. 1912; T. di Venezia, 29 luglio 2015, n. 535; T. di Genova, 9 maggio 2016, n. 397; T. di La Spezia, 12 luglio 2019, n. 257). Nella richiamata sentenza il Collegio veneziano evidenzia, innanzi tutto, come sia la stessa rubrica dell’art 32 della L. n. 183/2010 a consentire di escludere dal proprio ambito di applicazione il rapporto di agenzia che, per l’appunto, non è un rapporto di lavoro subordinato né è soggetto alla legge sui licenziamenti (L. n. 604/1966). Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello di Napoli, poi, si afferma come il termine “committente” utilizzato dal Legislatore sia totalmente estraneo al rapporto di agenzia ove la controparte dell’agente è identificata con il termine “preponente” (artt. 1743, 1749 e 1751 c.c.). I Giudici del gravame fanno proprio l’orientamento di quella parte della dottrina che sottolinea come la scelta del Legislatore di richiamare nella norma de qua solo i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità del contratto a progetto senza alcuna menzione dei rapporti di agenzia, consenta, senza dubbio alcuno, di escluderne l’estensione a tali rapporti e ciò anche “in ragione del principio di interpretazione secondo cui le norme che introducono delle decadenze avendo natura eccezionale devono essere interpretate in senso restrittivo (cfr. art. 14 preleggi; in tema Cass.Civ., sez. lavoro, n. 6649/2020)”. Infine, si afferma come il rapporto di agenzia sia di per sé soggetto ad una peculiare previsione normativa che impone, ai sensi dell’art. 1751 c.c., all’agente di esigere le competenze di fine rapporto entro un anno dalla cessazione dello stesso, di conseguenza, imporre all’agente un ulteriore termine decadenziale risulterebbe contrario anche alla direttiva comunitaria 86/653/CEE che tutela i rapporti di agenzia.
Le considerazioni sin qui svolte, se da un lato portano a giudicare più che condivisibili le argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello di Venezia rispetto a quelle indicate dalla Corte d’Appello di Napoli, dall’altro, inducono, nel silenzio della Corte di Cassazione, a ritenere come, a fronte dei contrapposti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali di cui sopra, sia comunque più opportuno, a fini prudenziali, considerare applicabili i termini di cui all’art. 32 della L. n. 183/2010 anche al rapporto di agenzia al fine di non incorrere in una declaratoria di improcedibilità dell’azione per un’asserita intervenuta decadenza.
¹ L’art. 6 della L. 15 luglio 1966, n. 604 prevede come il licenziamento debba essere impugnato, a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla sua ricezione in forma scritta e stabilisce altresì come la predetta impugnazione diventi inefficace se non è seguita, nel termine di centottanta giorni dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o della comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
² Art. 409 c.p.c.: “Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: […] 3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.
³ A. Abbasciano, “Sull’applicabilità del regime di impugnazione del collegato lavoro agli agenti” in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, fasc. 2, 2020, pp. 242 e ss., ove si evidenzia come la maggior parte degli Autori ritenga che gli agenti che svolgono la propria attività in maniera prevalentemente personale sarebbero inclusi tra coloro che sono tenuti ad impugnare il recesso del committente laddove intendano agire per farne valer ei vizi. A sostegno della propria tesi, oltre al dato letterale, tali Autori fanno leva anche sull’invito rivolto ai propri associati da Federagenti. In senso contrario A. Venezia, R. Baldi, Il contratto di agenzia, Giuffrè Editore, 2015, pp. 667 e ss. ove si sostiene la non applicabilità al contratto di agenzia delle modifiche contenute nel succitato art. 32 in quanto trattandosi di norme che fissano un obbligo di impugnazione che diviene inefficace nel caso di decorrenza dei termini di decadenza, queste devono essere interpretate restrittivamente.
⁴ Tribunale di Napoli, 13 novembre 2015, n. 9107.
⁵ La rubrica della norma contenuta nell’art. 32 della suddetta disposizione normativa recita “Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato”.